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Documenti > Biblioteche Comunali > Biblioteca di Fermo > Documenti Falerone > Storia del Convento di Falerone


a cura di Silvia Alessandrini Calisti

testo tratto dall'articolo: Il convento e la biblioteca di S. Fortunato a Falerone: origini e storia (secoli XIII-XIX), in Virtute et labore. Studi offerti a Giuseppe Avarucci per i suoi settant'anni, a cura di R. M. Borraccini e G. Borri, Spoleto, Centro italiano di Studi sull'Alto medioevo, 2007, in corso di stampa.


I primi insediamenti francescani nel territorio di Falerone risalirebbero agli anni Venti del XIII secolo, tuttavia nessuna testimonianza documentaria può confermare questa ipotesi poiché nella prima fase di espansione dell'Ordine non è stata prodotta alcuna documentazione vera e propria 1. Lo stesso Francesco attraversò questa zona, compresa nella diocesi di Fermo e sottoposta in temporalibus ai signori feudali del luogo, tra cui i Lornano, gli Aleurandino di Penna e l'importante famiglia dei Falerone-Mogliano-Monteverde-Brunforte. Questa casata diede all'Ordine, mentre ancora era in vita il fondatore, una figura di spicco quale fu il beato Pellegrino da Falerone. Questi, giovane nobile, "bene litteratus et in Decretalibus eruditus", si convertì dopo aver ascoltato una predica del Santo a Bologna, dove si trovava per motivi di studio 2. Non sembra, però, attendibile l'ipotesi, avanzata da Giacinto Pagnani, che i suoi parenti avessero concesso ai frati un convento dentro le mura del paese 3.
La scarsità delle fonti documentarie, dovuta anche all'invasione e al saccheggio del paese da parte di Giovannino de' Medici nel 1520 4, ha dato luogo alla diffusione di diverse teorie, spesso contrastanti tra loro, riguardo all'identificazione del primo luogo occupato dai Francescani fuori dall'abitato. Secondo la tesi del Pagnani, si tratterebbe della chiesa di S. Maria delle Grazie, che si suppone fosse stata fondata dai beati Pellegrino e Jacopo da Falerone 5. Questa opinione viene avvalorata da Gustavo Parisciani che, oltre a segnalare l'esistenza di un "romitorio" in quella zona, riferisce che la chiesa era stata da sempre officiata dai frati, basando le sue considerazioni sulla notizia di un'indulgenza del 1287 6. Contrariamente a quanto riportato dalla tradizione locale, non sembra possibile attribuire la fondazione del luogo all'opera del beato Pellegrino, poiché egli, lasciati i suoi beni, visse da fratello laico e peregrinò sempre lontano dalla sua terra d'origine. Si fermò poi fino alla morte, avvenuta nel 1230, presso il convento di S. Severino, dove ancora oggi le sue reliquie sono custodite nel santuario della Madonna dei Lumi 7. È più probabile, invece, riconoscere il fondatore del primo convento francescano faleriense nella figura del beato Jacopo, personaggio gradito alle comunità locali nel momento in cui si staccavano dagli antichi signori e davano inizio al loro autogoverno 8.
Nelle sue Memorie sulla religione dei Faleriensi Angelo De Minicis 9 sostiene al contrario che la chiesa di S. Maria delle Grazie venne fatta costruire da Giovanni Maria Bartolazzi dopo il 1624, anno in cui lo stesso personaggio fece erigere la chiesa di S. Carlo. Data la notevole differenza di datazione, si potrebbe supporre che le indicazioni deminiciane facciano riferimento ad una rifondazione del luogo, avvenuta sulle basi dell'antica costruzione già esistente. La chiesa delle Grazie, lontana circa un miglio dal paese e confinante con la parrocchia di S. Margherita, fu affidata dal Bartolazzi, nel 1636, al preposto pro tempore di S. Paolino, il quale ne divenne il rettore con l'obbligo di celebrarvi la messa nelle feste principali della Madonna e del Corpus Domini 10. Un altro luogo delle campagne circostanti il paese, che Ilario Altobelli ipotizza essere stato abitato fin dalle origini, è la cappella dedicata a S. Maria degli Angeli 11, la cui costruzione però, secondo il De Minicis, sarebbe iniziata solo nel 1545 su iniziativa dei frati Amico, Giulio e Giovanni, appartenenti all'Ordine dei Clareni, che già risiedevano nel convento delle Piagge. I tre religiosi nel 1543 avevano ottenuto la licenza per la costruzione dai canonici di S. Giovanni in Laterano, a cui la zona era sottoposta, e anche l'autorizzazione da monsignor Gaddi, vescovo di Fermo. Accanto alla chiesa, sita in contrada Colle, "lunga piedi 25, larga 13", sarebbe anche stata costruita l'abitazione dei frati. Nel 1568, però, per disposizione di Pio V, l'ordine dei Clareni venne aggregato a quello degli Osservanti, che entrarono così in possesso della Chiesa della Madonna degli Angeli e dei suoi beni. I tre padri fondatori rifiutarono l'aggregazione e chiesero a Roma la licenza di poter entrare nell'ordine dei Conventuali, che fu loro concessa. Così, nel 1571 rientrarono nel convento e nel novembre del 1584, per disposizione del vescovo di Fermo, monsignor Pinelli, riebbero la Chiesa e tutte le proprietà annesse. Dopo pochi giorni tuttavia, per ordine dei canonici di S. Giovanni in Laterano, ne entrò in possesso Don Emiliano Emiliani, che ne fece dono al convento francescano delle Piagge 12. Quest'ultimo sito sembrerebbe più antico di quello di S. Maria degli Angeli poiché, ancora secondo il De Minicis, nel luogo comunemente detto la "contrada delle Piagge" esisteva una chiesa, edificata su suolo lateranense e dedicata a S. Giovanni Battista e a S. Giovanni Evangelista. Di questo edificio non si conosce l'anno di erezione ma esisteva già nel 1371, anno in cui venne istituito per questo luogo, da Pietro di Nicola Emiliani, un beneficium stipulato con rogito notarile da un certo Berta, notaio romano 13. Annesso alla chiesa era un convento di Francescani dall'aspetto di casa rurale con un chiostrino, "locus idoneus ad contemplandum, meditandum, studendum et scribendum", che nel 1584 fu donato dai signori Emiliani ai Minori Conventuali, con l'obbligo di residenza di due sacerdoti ed un laico. Nel 1620 aveva il prefisso di tre frati e quindi, il 23 novembre 1631, in seguito all'applicazione dell'ordine di Urbano VIII di unificare i conventini, il locus Plagarum venne abbandonato dai Francescani 14. I pochi religiosi che vi abitavano svolgevano le mansioni di cappellani, erano dotati dello ius legnandi ed erano soggetti al padre guardiano che risiedeva nel convento dentro il paese 15.
Nonostante non ci siano ulteriori e più chiare notizie sulle origini dell'insediamento francescano nel territorio faleriense, è certo che i Minori passarono dalle campagne all'abitato sul finire del secolo XIII 16. Prima di stabilirsi all'interno delle mura cittadine, però, essi risiedettero presso un colle vicino al paese, dove si trovava una chiesa dedicata a S. Fortunato, prete contadino di Montefalco, distrutta nel 1810 per l'applicazione dell'editto di Saint Cloud e sostituita poi dalla cappella dell'attuale cimitero. La chiesa, che apparteneva all'abbazia di S. Pietro in Valle di Ferentillo, esisteva già nel 1234 e passò ai Francescani nella seconda metà del 1200 17. Testimonianza della loro presenza è l'atto di divisione dei beni allodiali, "actum in castro Phaleroni in ecclesia vel oratorio fratrum Minorum", stipulato nel 1282 da Rainaldo e Giberto da Falerone, che scelsero come fiduciario fra Corrado 18.
Verso la fine del secolo XIII, quindi, i religiosi si trasferirono nel centro urbano ed iniziarono, probabilmente nel 1287, la costruzione di un nuovo convento, adiacente alla chiesa già esistente di Santa Maria 19. Quest'ultima però non appartenne loro prima del 1292 poiché per il triennio 1290-1292 risulta nell'elenco delle chiese faleriensi che pagavano l'imposta straordinaria sulle rendite ecclesiastiche - detta comunemente decima dalla quota dell'esazione normalmente fissata - dalla quale erano esentati gli Ordini mendicanti. La chiesa venne, poi, riconsacrata nel 1352 in onore del patrono S. Fortunato, vescovo di Todi 20, ma nell'uso viene ancora detta di S. Francesco. Successivamente fu priorato di Ferentillo e, dal 1526, della Basilica Lateranense. La torre campanaria, invece, risale al 1440 21. Secondo quanto scrisse Orazio Civalli, nella visita che fece al convento durante il periodo in cui fu provinciale della Marca Anconitana - dal 1594 al 1597 -, esso venne "edificato dalla Università", intendendo che la sua costruzione era stata opera del Comune, sebbene non si abbiano documenti per provarlo a causa del saccheggio cui fu sottoposto il paese nel 1520 22. A Falerone si tennero inoltre due capitoli generali dell'Ordine, uno nel 1590, "tempo di estrema ed inaudita carestia" 23. e l'altro nel maggio del 1598 24. L'abitazione dei frati, adiacente alla chiesa, presentava la struttura tipica degli edifici conventuali, con un chiostro centrale e quattro bracci di fabbrica attorno, schema generalmente adottato dagli Ordini mendicanti e solitamente scelto dall'edilizia monastica occidentale 25. In un lato era situata la chiesa, negli altri i diversi ambienti del convento: il refettorio, le cantine, i magazzini e alcune camere per i frati che vi risiedevano e per quelli di passaggio 26. Al centro del chiostro si trovava un pozzo e, a ridosso del convento, non mancava un piccolo giardino chiuso, probabilmente adibito ad orto, come si deduce dalla pianta dello stabile disegnata da Ilario Altobelli nel suo Compendium Genealogiae Seraphicae 27. Nel piano superiore c'erano altre camere, alcune per i frati, una adibita a deposito ed un'altra per la libreria 28. Quest'ultima non doveva essere di dimensioni troppo modeste, in quanto il convento fu sede di Studio almeno dal 1590 al 1713 (anno in cui il professato venne costituito presso i Conventuali di Fermo 29) ) e dal 1765 al 1810 30. È del 1769 la testimonianza della presenza di uno "studio di filosofia" 31.
Nel periodo di attività dello studium la comunità francescana arrivò a sostentare un numero di frati piuttosto rilevante per un piccolo centro come Falerone: almeno dieci di essi infatti inviarono gli elenchi dei propri libri a Roma, in occasione del censimento effettuato dalla Congregazione dell'Indice dei libri proibiti tra il 1598 e il 1603 32. E certo non è da pensare che tutti i padri avessero libri, per cui il numero dei residenti è approssimato per difetto. Ancora, nel 1620 il convento di S. Fortunato ospitava un gruppo piuttosto cospicuo di religiosi formato da diciotto confratelli e, come si vedrà più avanti nel testo, tra i monaci che vi risiedettero, soprattutto tra coloro che avevano il grado di magistri o di bachalarii, vi furono anche personaggi che ricoprirono cariche di spicco all'interno dell'Ordine.
La chiesa di S. Fortunato venne rinnovata nel 1738 ed il convento negli anni dal 1783 al 1785.
A seguito degli sconvolgimenti del periodo napoleonico il convento venne abbandonato dai frati ed una parte di esso venne trasformata in ospedale
33, la chiesa non venne chiusa ma affidata alla Compagnia del SS. Sacramento. Nel 1818 il convento tornò in mano ai Francescani, che però riebbero solo una parte dei beni perduti e, sul finire della prima metà dell'Ottocento, il De Minicis ricorda che vi risiedevano solamente un religioso e due laici 34, espulsi definitivamente nel 1861 35.
Dalla chiusura dello studium, coincidente con la soppressione generale napoleonica degli Ordini religiosi, l'irreperibilità di ulteriore documentazione impedisce una ricostruzione storiografica dettagliata. Di fatto, le ferventi attività culturali del passato si spensero, per lasciare successivamente il posto ad una normale amministrazione conventuale, svolta dai pochi frati presenti. Dal registro delle entrate e delle uscite del convento degli anni 1846-1860 si evince che venne fatto un solo investimento in libri, nel dicembre del 1851, per un volume sulla vita di S. Giuseppe da Copertino 36. L'edificio conventuale non venne più riacquistato dall'Ordine dopo la chiusura e i suoi locali furono utilizzati come uffici comunali, caserma dei Carabinieri, Cassa di risparmio e uffici postali 37, mentre un'ala dal 1876 venne adibita a scuola 38. Oggi l'ex convento ospita ancora, in parte, aule scolastiche, mentre nel resto dell'edificio è stato allestito il civico Museo archeologico, inaugurato nel 2003 dopo un'importante lavoro di ristrutturazione. Esso custodisce reperti provenienti dall'area di Falerio Picenus, riconosciuta dalla regione Marche nel 1994 come parco archeologico regionale.





Note

(1) M. DEL FUOCO, La provincia francescana delle Marche: insediamenti francescani, realtà cittadina e organizzazione territoriale, in I Francescani nelle Marche: secoli XIII-XVI, a cura di L. PELLEGRINI e R. PACIOCCO, Cinisello Balsamo, Arti grafiche Amilcare Pizzi, 2000, pp. 24-37.

(2) Gustavo PARISCIANI, I frati minori conventuali nelle Marche: sec. 13. - 20., Ancona, Curia provinciale dei frati Minori Conventuali, 1982 (Falconara Errebi), pp. 23, 44.

(3) Giacinto PAGNANI, Luoghi francescani nelle Marche di origine benedettina, in Aspetti e Problemi del monachesimo nelle Marche. Convegno di studi tenuto a Fabriano, Monastero di S. Silvestro abate, 4-7giugno 1981, Fabriano, Editiones Montisfani, 1982, pp. 146-147.

(4) Francesco Antonio BENOFFI, Memorie delle provincia delle Marche dei frati Minori Conventuali, a cura di Federico Balsimelli, Memorie delle Provincia delle Marche dei frati Minori Conventuali, a cura di F. BALSIMELLI, in «Miscellanea Francescana», XXXVIII (1938), pp. 135-161; 507-517: 145.

(5) Ibid., p.143.

(6) PARISCIANI, I frati minori conventuali nelle Marche: sec. 13. - 20, cit., pp. 304-305.

(7) Pompilio BONVICINI, Falerone: dall'antichità al Medioevo … e gli scavi archeologici di Falerio Picenus, a cura di Claudio Giovale, Fermo, Andrea Livi, 1975; R. PACIARONI, Il Beato Pellegrino da Falerone e il suo dente miracoloso, Ascoli Piceno, 1983.

(8) PAGNANI, Luoghi francescani nelle Marche di origine benedettina, cit., p. 148.

(9) Questo testo, opera di don Angelo De Minicis, fratello dei più noti Gaetano e Raffaele, si è rivelato di fondamentale importanza nell'approfondimento delle ricerche per la stesura di questo lavoro. Nato nel 1788 e morto nel 1851 a Falerone, Angelo fu priore della chiesa di S. Margherita, poi preposto di quella di S. Paolino, ed ha lasciato significativi contributi ancora inediti di storia ecclesiastica del suo paese: le Memorie sulla religione dei Faleriensi redatte dal 1839 al 1846, cui si fa riferimento in questo contributo, e le Consuetudini vigenti nelle chiese di Falerone, 1835. Di essi ho avuto notizia dalle carte manoscritte dell'avvocato faleriense Raffaele Foglietti, conservate nella biblioteca comunale "Mozzi-Borgetti" di Macerata e in gran parte costituite da appunti per la stesura del suo Intorno all'antica Pievania di S. Stefano in Falerone (Falerone, 1908): MACERATA, Biblioteca Comunale "Mozzi Borgetti", mss. 1039-1040, nr. 34, R. FOGLIETTI, Appunti per la storia di Falerone. Foglietti si serve dei manoscritti deminiciani senza segnalarne la localizzazione e non senza difficoltà in occasione di questo lavoro sono riuscita a reperirne e consultarne le copie fotostatiche conservate nell'Archivio storico arcivescovile di Fermo, dove ho appreso anche che gli originali appartengono a proprietari privati non meglio identificabili e non raggiungibili. La testimonianza del De Minicis si è rivelata comunque una fonte di notevole valore, considerato l'ampio apparato documentario di cui egli arricchisce le sue affermazioni. Colgo l'occasione per ringraziare l'arch. Mariano Ferrini, presidente dell'Archeoclub di Falerone, per le segnalazioni che sono state utili piste di ricerca.

(10) DE MINICIS, Memorie sulla religione dei Faleriensi …, cit, cap. XXVIII, parte seconda.

(11) ANCONA, Archivio storico provinciale dell'OFM Conv., I. ALTOBELLI, Compendium Genealogiae seraphicae, traduzione italiana di F. MERLETTI, p. 85. Il manoscritto originale dell'Altobelli è conservato in ROMA, Archivio di S. Isidoro, cod. 2/17).

(12) DE MINICIS, Memorie sulla religione dei Faleriensi…, cit., parte seconda, cap. XXVII; gli Emiliani erano discendenti degli antichi signori di Falerone e hanno tratto il proprio cognome da Fabrizio Emiliano, ultimo discendente diretto della famiglia. Cfr. BONVICINI, Falerone: dall'antichità al Medioevo …, cit., p. 77.

(13) DE MINICIS, Memorie sulla religione dei Faleriensi, cit., parte seconda, cap. XXVI

(14) PARISCIANI, I frati minori conventuali nelle Marche: sec. 13. - 20, cit., p. 305.

(15) DE MINICIS, Memorie sulla religione dei Faleriensi, cit., parte seconda, cap. XXVI

(16) PARISCIANI, I frati minori conventuali nelle Marche: sec. 13. - 20, cit., p. 80.

(17) Giuseppe ORLANDI, Note storiche su san Fortunato vescovo e l'affermarsi del suo culto a Todi e a Falerone, Todi, Grafica Battistini, 1988, pp. 26, 28, 36.

(18) PARISCIANI, I frati minori conventuali nelle Marche: sec. 13. - 20, cit., p. 305.

(19) DE MINICIS, Memorie sulla religione dei Faleriensi, cit., parte seconda, cap. IV.

(20) ORLANDI, Note storiche su san Fortunato vescovo, cit., p.37.

(21) PARISCIANI, I frati minori conventuali nelle Marche: sec. XIII-XX, cit., p. 305.

(22) O. CIVALLI, Visita Triennale, in Delle antichità picene dell'abate Giuseppe Colucci patrizio camerinese, tomo XXV, Fermo, dai torchi dell'autore per Giuseppe Agostino Paccaroni, 1786, (rist. anast. Ripatransone, 1988), p. 141.

(23) Ibidem.

(24) PARISCIANI, I frati minori conventuali nelle Marche: sec. 13. - 20, cit., p. 215.

(25) L. BARTOLINI SALIMBENI, Resti monumentali e modelli architettonici francescani fino all'Osservanza, in I Francescani nelle Marche, cit., p. 142

(26) F.A.M. RIGHINI, Memorie minoritiche del manoscritto Gambalunghiano D. IV. 231 del sec. XVIII, curate da G. GIOVANARDI, in «Picenum Seraphicum», IV (1915), p. 490-491.

(27) ALTOBELLI, Compendium Genealogiae seraphicae, cit, p. 296

(28) RIGHINI, Memorie minoritiche, cit., p. 490

(29) ANCONA, Archivio storico provinciale dell'OFM Conv., Archivio del padre Gustavo Parisciani, Falerone: Studium. L'archivio di Gustavo Parisciani si compone di schede dattiloscritte contenenti notizie che egli ha raccolto durante tutta la sua vita di studi e che in parte sono state di supporto per la stesura delle sue opere. Lo schedario contiene informazioni storiche su personaggi, luoghi e vicende dei Minori Conventuali, con particolare attenzione alle Marche

(30) PARISCIANI, I frati minori conventuali nelle Marche: sec. XIII-XX, cit., p. 305

(31) Archivio Parisciani, Falerone : Studium.

(32) Codices Vaticani Latini. Codices 11266-11326: Inventari di biblioteche religiose italiane alla fine del Cinquecento, recensuerunt M. M. LEBRETON et A. FIORANI, Città del Vaticano, 1985, pp. 93-97.

(33) PARISCIANI, I frati minori conventuali nelle Marche: sec. XIII-XX, cit., p. 305.

(34) DE MINICIS, Memorie sulla religione dei Faleriensi, cit., cap. V, parte terza.

(35) PARISCIANI, I frati minori conventuali nelle Marche: sec. XIII-XX, cit., p. 305.

(36) FERMO, Sezione di Archivio di Stato, Corporazioni religiose soppresse, reg. nr 1, 1846-1860, Falerone, Convento di s. Francesco (volgarmente detto di s. Fortunato), Minori Conventuali, Registro delle entrate, 1846-1859 e delle spese straordinarie ed ordinarie, 1848-1860, n. 1, f. 19.

(37) BENOFFI, Memorie delle provincia delle Marche dei frati Minori Conventuali, cit., p. 145.

(38) PARISCIANI, I frati minori conventuali nelle Marche: sec. 13. - 20, cit., p. 305.