La documentazione bibliografica, prodotta dalla “Inchiesta” della Congregazione dell'Indice dei libri proibiti e depositata nei codici Vaticani Latini 11266-11326, apporta un sensibile contributo alla conoscenza della produzione editoriale dei primi secoli, in specie su alcune tipologie librarie di facile consumo e deperibilità come i testi scolastici, devozionali e di letteratura popolare. Il potenziale informativo, già segnalato da Romeo De Maio nella sua prima ricognizione nel 1973, è stato confermato dai successivi sondaggi effettuati da Gianvito Resta e Giuseppina Zappella sulla tipografia siciliana e napoletana.
Man mano che si procede nella trascrizione delle liste, nelle verifiche mirate e nei riscontri incrociati per eliminare il rischio di costruire fantasmi bibliografici, si intravede sempre più chiaramente l'apporto informativo di questa fonte al recupero di edizioni perdute, cioè all'accertamento di pubblicazioni dei secoli XV-XVI testimoniate negli inventari ma non accreditate al momento da alcun esemplare conosciuto.
Le liste vaticane offrono inoltre un consistente contributo sul versante della storia dei libri e delle biblioteche e documentano il rapporto privilegiato che gli uomini dei chiostri intrattennero con i loro libri, non di rado personalizzati e rivendicati con contrassegni e con dichiarazioni esplicite ancora oggi riscontrabili sugli esemplari a loro appartenuti. La fisionomia e l'identità culturale degli organismi e dei singoli religiosi possono essere rivissute, così, non solo sulla base della tipologia letteraria del patrimonio librario, ma anche attraverso l'intreccio dei segnali bibliologici depositati nelle copie sopravvissute che dichiarano con i loro connotati la rete dei rapporti, i percorsi seguiti nonché le modalità di organizzazione, di gestione e di uso delle raccolte, di norma prescritte dalle disposizioni legislative e dalle consuetudini delle singole Congregazioni.
Tenendo presenti la storia di ciascuna Congregazione e il quadro delle ricorrenti interruzioni che hanno segnato la vita degli Ordini religiosi italiani, gli inventari vaticani, opportunamente interrogati e confrontati con quelli redatti in altri momenti significativi della loro storia, consentono di dipanare il filo del percorso plurisecolare delle librerie claustrali e di ripercorrere le vicende dei loro libri. Essi fungono da bussola di orientamento nell'operazione del passaggio dalla “notitia librorum” all'individuazione degli esemplari nei depositi attuali, dove si trovano per lo più dispersi negli antichi sedimenti genericamente detti dei “conventi soppressi”, e guidano alla ricomposizione dei singoli nuclei, al recupero delle entità ad essi appartenute. E i libri non di rado, con i loro contrassegni - le annotazioni, le antiche segnature di collocazione, le legature - raccontano di sé e della propria storia. Allora anche per le biblioteche odierne, che nel tempo sono risultate organismi collettori dei fondi claustrali, non ci sarà più l'ammasso indistinto dei fondi pervenuti in forza delle leggi eversive ma la teoria di nuclei distinti e riconoscibili che hanno incrementato nel lungo periodo le collezioni determinandone la fisionomia.
Nella previsione di operare sondaggi sperimentali nelle biblioteche delle Marche è stato effettuato il lavoro preparatorio per procedere alla individuazione e ricognizione guidata dei fondi claustrali. La descrizione e i risultati del lavoro finora svolto si possono vedere nel sito web
“Le carte e la storia. Le biblioteche claustrali delle Marche di fronte all'Unità d'Italia”, che mette a disposizione i regesti e le immagini digitalizzate della documentazione dell'Archivio Centrale dello Stato relativa alla devoluzione delle biblioteche ecclesiastiche delle Marche dopo la soppressione delle corporazioni religiose negli anni 1861-1895. Le pagine del sito sono in corso di implementazione con ulteriore documentazione integrativa conservata a vario titolo negli archivi e nelle biblioteche della regione. Incrociando i dati degli inventari redatti alla fine del '500 per l'Inchiesta della Congregazione dell'Indice con quelli stilati in occasione della devoluzione post-unitaria si opera un confronto dello stato del patrimonio librario claustrale a distanza di quasi tre secoli e se ne possono seguire i rivoli della dispersione nell'intento di ricomporne i nuclei e di identificarne gli esemplari conservati.
Abbiamo testato questo procedimento su tre casi di studio che hanno dato esiti differenziati e che abbiamo
esemplificato nella piccola esposizione bibliografico-documentaria allestita presso la Biblioteca “Mozzi-Borgetti” dal 30 maggio al 1 giugno 2006
e ora presente in queste pagine.
1. Congregazione degli eremiti Camaldolesi di Monte Corona
Eremo di San Romualdo delle Grotte di Massaccio (Cupramontana)
L'elenco dei libri, redatto il 14 maggio 1600, è conservato nel cod. Vat. Lat. 11303, ff. 39v-50r. Il Decreto del 3 gennaio 1861, n. 705, del Regio Commissario per le Marche Lorenzo Valerio segnò la soppressione delle corporazioni religiose e ne determinò la devoluzione dei beni al demanio. Con il successivo Regio Decreto del 7 luglio 1866 la stessa disciplina fu estesa anche agli ordini mendicanti. Per quanto attiene al nostro eremo, la raccolta libraria dei Coronesi delle Grotte, confiscata in forza dei decreti appena menzionati e corredata del proprio inventario, fu consegnata al comune di Cupramontana il 3 dicembre 1868 “[...] per formare una biblioteca aperta al publico”: Cupramontana, Biblioteca comunale, ms. senza segnatura,
Catalogo de' libri esistenti nella biblioteca de' PP: Eremiti di Cupramontana già residenti in questo comune, c. [13r].
Il confronto tra gli inventari
del 1600
e
del 1868 ha rivelato la corrispondenza di numerose edizioni custodite dai monaci per tre secoli e oggi
presenti nel fondo antico della biblioteca civica cuprense, confusi con i libri di altra provenienza ma
ben riconoscibili grazie alle rivendicazioni di appartenenza annotate nel frontespizio o in altre parti del
libro, come era del resto prescritto dalle Costituzioni emanate dal fondatore dell'Ordine,
Paolo Giustiniani. Per una di esse, Iohannes Carthusiensis,
Liber qui intitulatur Corona senum, impressum in officina Nicolai Jenson Gallicum, anno 1480
(Vat. Lat. 11303, f. 46r), la presenza nel monastero è testimoniata già nel primo inventario
patrimoniale compilato
nel 1536 ed è ragionevole ipotizzare che appartenesse al nucleo librario iniziale approntato dal Giustiniani per la nuova fondazione.
2. Ordine degli eremiti di Sant'Agostino
Convento di Santa Lucia di Cingoli
L'elenco dei libri, redatto il 18 gennaio 1603, è conservato nel cod. Vat. Lat. 11310,
ff. 94r-98r. Nel 1872, dopo lunghe trattative tra la Prefettura e la comunità di Cingoli, i
libri degli Agostiniani insieme a quelli di altri quattro conventi - Cappuccini, Conventuali, Domenicani,
Francescani riformati - furono rifiutati dalla magistratura comunale a cui erano stati destinati e furono
assegnati alla neo-istituita Biblioteca pubblica di Macerata (Archivio Centrale dello Stato, M.P.I,
Direzione per l'istruzione superiore, Università e Istituti superiori, 1860-1881,
Biblioteche
claustrali, Busta 105, fasc. 40, Macerata, sotto fasc. Cingoli,
Lettera del Prefetto di Macerata al
Ministero della Pubblica Istruzione, Macerata, 19 agosto 1872, Oggetto:
Librerie già
claustrali di Cingoli). L'inventario, redatto nella circostanza dal canonico Guglielmo Malazampa,
elenca 4609 libri in ordine alfabetico e senza distinzione del convento di provenienza (Macerata,
Biblioteca “Mozzi Borgetti”, Archivio storico della Biblioteca, 3, XXV, cc.[1 - 71]). Il
confronto tra gli inventari del 1603 e quello compilato dopo l'Unità ha portato al riscontro
incrociato di alcune edizioni, ma l'esame diretto dei libri non ha fornito elementi certi per
l'identificazione degli esemplari appartenuti agli Agostiniani. Ad eccezione dell'edizione in 10 volumi,
più uno di indici,
Diui Aurelii Augustini Omnia opera, Venetiis, ad signum Spei, 1552
(Vat. Lat. 11310, f. 96r) la cui nota di possesso “Conventus Sanctae Luciae de Cingulo” ne
accerta la provenienza. L'esemplare si segnala anche per l'annotazione della revisione espurgatoria, mirata a censurare il nome di Erasmo da Rotterdam, e del permesso di lettura vergati dell'Inquisitore generale della Marca: “Omnia opera Diui Augustini visa et expurgata, conceduntur domino magistro Angelo de Cingulo. Frater Nicolaus Antonius inquisitor generalis Marchiae”.
3. Congregazione dei frati dei santi Barnaba e Ambrogio ad Nemus
Convento di Santa Maria Maddalena di Macerata
L'elenco dei 214 libri, non datato ma da ricondursi agli anni 1600-1601, è conservato nel cod. Vat. Lat. 11294, ff. 33r-39v. In questo caso siamo di fronte a uno di quegli Ordini religiosi soppressi da tempo della cui tradizione culturale le liste vaticane costituiscono oggi una testimonianza unica. L'Ordine fu costituito nel 1589 con breve di Sisto V che unì la Congregazione dei frati di San Barnaba (Apostolini) a quella milanese di Sant'Ambrogio
ad Nemus. Papa Urbano VIII, giudicando le due congregazioni unite ormai inutili, le soppresse con bolla del 1643. Due anni dopo Innocenzo X trasformò le province dell'Ordine in commende con un cardinale commendatario. La provincia della Marca fu assegnata al card. Maidalchini che nel 1649 vendette il convento di Santa Maria Maddalena al Terzo Ordine regolare di San Francesco. Dopo pochi anni, a seguito della partenza del TOR, il convento divenne sede del Seminario vescovile che vi rimase fino al 1683.
Della raccolta libraria degli Eremiti di Sant'Ambrogio si è persa ogni traccia e anche la nostra ipotesi di poterne recuperare qualche sparuta testimonianza nel fondo antico del Seminario, confluito nell'attuale Biblioteca diocesana, non ha trovato alcun riscontro, mentre si è confermata l'opinione che i libri siano andati dispersi durante gli anni convulsi della soppressione e dei passaggi di proprietà dell'edificio.
Tuttavia l'ispezione, effettuata libro alla mano, di tutte le edizioni dei secoli XV-XVI della Biblioteca ha consentito la scoperta e il reperimento di due esemplari per altri aspetti significativi e che abbiamo esposto in mostra.
Il primo, relativo a Petrus Canisius,
Summa doctrinae christianae, Venetiis, apud Michaelem Tramezinum, 1563, porta nel frontespizio la nota di possesso e la segnatura di collocazione della libreria dell'Eremo dei SS. Benedetto e Pietro del Monte Conero di Ancona dell'Ordine dei Camaldolesi di Montecorona. L'inventario di questa biblioteca, redatto per l'inchiesta della Congregazione nella primavera del 1600, registra la presenza della pubblicazione (Vat. Lat. 11303, f. 75v) e la localizzazione odierna tra i libri della Diocesana maceratese, ancorché casuale, consente di recuperare un frammento seppur minimo dell'insieme librario dell'Eremo coronese del Monte Conero, colpito anch'esso dopo la chiusura post-unitaria da una irrimediabile dispersione 'stellare'.
Il secondo, relativo ai tre volumi degli
Operum omnium sancti Ephraem Syri patris et
scriptoris Ecclesiae. Interprete & scholiaste R.D. doct. Gerardo Vossio, Romae, ex typographia Iacobi
Tornerij. [v. II-III:] ex typographia Vaticana, 1589-1598, porta nel frontespizio la nota di appartenenza
del convento dei Barnabiti di Roma “S. Blasij ad Anulum et S(anc)ti Caroli” e un significativo
contrassegno paratestuale: la dedica autografa di
Gerardus Vossius, il filologo e teologo belga autore della
traduzione latina e del commento alle Opere di Efrem, che dona una copia del proprio lavoro ai padri del convento di Piazza Colonna in segno di pietà e di benevolenza.
Rosa Marisa Borraccini
Ideazione, progettazione e cura della Mostra: Rosa Marisa Borraccini, Silvia Alessandrini Calisti, Monica Bocchetta, Sara Cosi
Allestimento della mostra: Marina Boni, Renato Pagliari
Si ringraziano per la cortese collaborazione Alessandra Sfrappini (Biblioteca “Mozzi-Borgetti” di Macerata), Riccardo Ceccarelli (Biblioteca comunale di Cupramontana), Don Benedetto Testa (Biblioteca diocesana di Macerata)